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Sono stanco di lottare: rinuncio.

Ho due passioni nella vita: moto e vela. La vela è nata prima, a 18 anni, poi superata dalla moto, per intensità e per tempo dedicato. Ma è la prima passione e non l’ho mai dimenticata.

Ho attraversato quasi tutto il Mediterraneo e poi l’Atlantico, con cabinati. E poi il capitolo derive: la prima, il Laser, tenuto per 18 anni, fino a che me lo rubarono. Qualche anno di pausa e poi l’attuale, il catamarano Hobie Cat Getaway, che mi ha dato le soddisfazioni maggiori, compreso il viaggio da Lecce alle Isole Tremiti e ritorno, 400 miglia in solitaria in 17 giorni, che ancora mi chiedo come ho fatto, con una barca “da spiaggia”, e ancora me lo chiedono tutti i velisti che incontro.

Ma la vela non è la moto; non puoi “girare la chiave” e partire, non puoi metterla in garage, non puoi essere autonomo e indipendente… una volta a terra. Tutta la libertà che la vela ti dà in mare, te la fa pagare, quando sei a terra (o in porto).

La mia barca va tenuta sulla spiaggia, non è una barca che può stare in un porto, in acqua. E sulla spiaggia l’ho sempre tenuta.

Anni fa ho subito perfino un procedimento penale, per “occupazione di suolo pubblico”, per aver lasciato la mia barca sulla spiaggia; procedimento poi concluso col non luogo a procedere, per inesistenza del reato. Chissà se quel procedimento è iniziato da un carabiniere che non aveva niente di meglio da fare (il sequestro della mia barca) o da uno st####o di bagnante, cui avevo gentilmente chiesto di spostare la sua sedia sotto l’ombrellone, per permettermi di passare con la barca e metterla in acqua; il bagnante, rifiutando di farmi passare, rispose: “questo non è un porto”, al che io replicai “non è nemmeno il salotto di casa sua”, quindi lei non può occupare col suo ombrellone e sedie, questa fascia di 5 metri dalla battigia, ingombrando il passaggio”.

Sono quasi 2 anni che non esco a vela. L’anno scorso, il viaggio in Mongolia mi ha talmente assorbito, nella preparazione e realizzazione, che non ho trovato il modo di uscire in barca. Tornato dalla Mongolia (proprio in questi giorni, lo scorso luglio), vado a vedere la barca e noto che è stata danneggiata, non seriamente, ma in modo “fastidioso”, più per teppismo che per rubare qualcosa: mezzo telo copribarca rubato, l’altra metà strappata e rimossa; 4 buchi nella rete: adesivi staccati, ganci strappati e rubati.

Mi do da fare subito per tornare al luogo dove la tenevo qualche anno fa, sempre sulla spiaggia, ma un po’ più “protetto”; ma è pieno e solo ieri riesco a trovare il posto e decido quindi di riportarla lì, via mare, ovviamente, come ho sempre spostato la mia barca.

Ieri stesso torno a controllarla, per verificare che sia tutto a posto per prendere il mare e vedo altri danni: la rete principale, a forza di saltarci sopra con forza (teppisti!) è stata scardinata dallo scafo: ben 40 chiodi divelti dallo scafo, a forza.
Mi faccio forza e mi do da fare per riparare i danni; rammendo i buchi nella rete con una cordina, chiamo un cantiere perché mi aiuti e rimettere a posto la rete con nuovi chiodi nello scafo.

Oggi l’ultimo atto. Vado dal proprietario del lido sulla cui spiaggia è depositata la barca, per prendere l’attrezzatura che ovviamente avevo smontato dalla barca e messo in una delle cabine del lido. Il proprietario mi informa che hanno scassinato le cabine e rubato diverse cose. Guardiamo insieme, sperando che l’attrezzatura della barca ci sia, ma… trovo i timoni, la vela piccola (il fiocco), le scotte, ma, manca la cosa principale, manca il “cuore” di una barca a vela, manca il suo “motore”, manca la vela principale. Manca la mia bellissima randa, che svettava 8 metri sopra il mare, multicolore, interamente steccata, che rendeva un bolide sul mare la mia barca.

Resto di stucco; ma cosa se ne fanno? E’ una vela tecnica, specialistica, può andare solo su una barca identica alla mia (e qui in Italia ce ne sono pochissime)!

Basta, non ce la faccio più!
Non ce la faccio più a lottare.
Non ce la faccio più a rimettere a posto le cose che altri rovinano.

Sono stanco; la vela per me è passione, è libertà, è bellezza, è purezza. Non trovo più queste cose in quello che per me è diventata, in quello che me l’hanno fatto diventare.

Non mi vergogno a dire che ho pianto; ho pianto nel vedere che la mia vela non c’era più. Non tanto per una questione economica (pure non indifferente); no, mi interessa poco che la mia vela costi 1.000 o 2.000 euro, non voglio nemmeno chiederlo al cantiere (ammesso che la facciano ancora, hanno interrotto l’importazione in Italia di quel modello), o a un velaio (la vela si può comunque rifare). Semplicemente non ne voglio più sapere. Basta. Non voglio più riparare i danni degli altri.

Ho quindi deciso di finirla con le barche a vela; non possiederò più nulla che non possa entrare nel mio garage (come la mia moto): basta barche.

Quindi, metto la barca in vendita (senza vela); se la venderò, tanto meglio: qualcun altro potrà divertirsi con la vela, forse nascerà un’altra passione in un'altra persona; se non la venderò, pazienza, resterà lì, sulla spiaggia, abbandonata, fino a che non perderà interesse anche per quei maledetti teppisti.

E’ un capitolo della mia vita che si chiude, e fa male.

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                                     dal 12.2.2007