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Sei in: MOTO - ISLANDA - DIARIO DI VIAGGIO - GIORNO 9
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ISLANDA
Acqua, terra e fuoco

24.6.2007 - domenica - giorno 9
Geysir (IS) (9.02) - Akureyri (IS) (18.31)
Km 305, viaggio h 9.29, guida h 5.42


E' da quando sono sbarcato in Islanda che sto pensando a questo momento. Anzi, da quando, sulla nave, ho maturato questa "pazza idea". Perchè, è inutile nasconderlo, questa è una terra meravigliosa, ricca di cascate, ghiacciai, paesaggi stupendi, ma il gusto della sfida, il gusto dell'avventura, anche il gusto di fare qualcosa che nessuna Gold Wing (1500 o 1800, che io sappia) ha mai fatto prima, è forte, e ormai mi ha conquistato.

Ho anche contagiato il mio compagno di viaggio che, alla guida di una moto certo ben più adatta della mia, si appresta oggi con me ad attraversare l'interno dell'Islanda, su una pista riaperta solo da una settimana (in inverno l'interno resta chiuso, per neve) e ancora non molto battuta.

Sono giorni che chiediamo delle previsioni e, come anticipato dal primo giorno, il tempo ha retto fino ad oggi. Questa è la prima cosa che guardo appena sveglio: il cielo, clemente anche in questa importante giornata.

Grande è l'emozione quando, finalmente, imbocco la F35 (qui ancora asfaltata), diretto verso nord. Sono gli ultimi km così comodi (prima di tante ore di sterrato). Ma prima, sulla strada, c'è una meta imperdibile: la cascata di Gullfoss (in islandese "cascata d'oro", per la rifrazione che si crea nell'acqua polverizzata). Fin da lontano, mentre percorro il sentiero che porta alla cascata (dopo aver attraversato di corsa nugoli di insetti famelici), essa si annuncia: grande, potente, con l'aria che comincia ad essere satura di minuscole gocce d'acqua.Ed infine eccola, con la sua grande portata d'acqua e il suo esteso fronte, alta 37 m, che si getta nella profonda gola del fiume Hvita.
Notevole è il rumore prodotto dalle tonnellate d'acqua scaricate ogni secondo; belle le rocce basaltiche colonnari circostanti. E adesso la strada risalirà la valle di questo fiume, verso l'interno dell'isola.

Ripartiti verso nord, davanti ai nostri occhi si stagliano sullo sfondo le montagne e i ghiacciai dell'interno dell'Islanda, completamente disabitato.Ma l'asfalto continua solo per pochi km: ben presto arrivo al temuto sterrato.Abbasso il parabrezza per diminuire le vibrazioni e migliorare la visibilità. Sono le 10.30. Abbiamo tutta la giornata per completare l'attraversamento (stimo 160 km di sterrato, lungo la F35, la strada del Kjolur); non piove, i serbatoi sono pieni, noi e le moto siamo a posto. Via!

La pista all'inizio è in condizioni accettabili, tenuto conto che è stata chiusa tutto l'inverno (che qui è appena finito) e, riaperta da appena una settimana, non è ancora molto battuta. Dopo un po' comincia a diventare più malridotta, con sassi di varie dimensioni sempre più frequenti e alcuni dislivelli, soprattutto nell'attraversamento del valico (m 650) tra il Blafell (m 1.204) e il ghiacciaio del Langjoekull (m 1.420). Ogni tanto cominciano a esserci banchi di sabbia o terra morbida. I rari veicoli e il vento sollevano nubi di polvere, che si vedono da lontano, fin sull'orizzonte.

Per motivi di sicurezza invito Tomaz a distanziarsi, in modo che chi è dietro non rischi di ricevere qualche sasso "sparato" dalla ruota posteriore di chi è davanti; inoltre su questo terreno la sua moto è indubbiamente più veloce. Ogni tanto ci fermiamo, per prendere fiato e ammirare il luogo, sempre più suggestivo; e ci riuniamo.

Superato il valico, una discesa abbastanza impegnativa ci porta al lago Hvitarvatn (m 422), ai piedi del maestoso ghiacciaio del Langjoekull (m 1.420).

Attraversiamo il fiume Hvita, emissario del lago, su un piccolo ponte in legno (questa pista, a differenza di quella di Sprengisandur - strada n. F26, non ha guadi),e ricominciamo a salire, per superare il valico tra i due ghiacciai del Langjoekull (m 1.420, a ovest) e Hofsjokull (m 1800, a est).

Il paesaggio ormai è davvero spettacolare: intorno a noi nessun luogo abitato, solo montagne, ghiacciai e il deserto dell'interno islandese.

La moto ormai è completamente ricoperta di polvere, ma i miei occhi non sono per lei, bensì per quello che mi circonda.Io e Tomaz continuiamo a viaggiare distanti, sia per motivi di sicurezza e di diverse caratteristiche della moto, che soprattutto per apprezzare meglio la bellezza della solitudine. Credo che il modo migliore per apprezzare questi momenti e questi luoghi sia da soli, perchè nulla rompa l'incantesimo del nulla, la selvaggia bellezza di questi posti unici: ci sono solo io e la mia moto.FILMATO.
Ogni tanto ci superiamo, ci salutiamo e continuiamo da soli.

Avvicinandomi al ghiacciaio Hofsjokull, la strada peggiora un po'; aumentano i sassi e soprattutto i tratti di sabbia, troppo "soffici" per la mia moto.A volte ho difficoltà a mantenere l'equilibrio. Sono 37 km da quando l'asfalto è finito, percorsi in 2 ore. Sono ormai in mezzo ai due ghiacciai: l'Hofsjokull a este il Langjokull a ovest.

Costeggio il fiume Joekulkvisl (affluente del Hvita), che nasce dal ghiacciaio Hofsjokull.

Questo è il tratto più impegnativo.Mi rendo conto che io e la moto siamo al limite: basta un niente per cadere. E il niente, poco dopo, arriva, nella forma di un insidioso banco di sabbia, sul lato destro della pista, preso non alla giusta velocità (o non evitato). La moto oscilla paurosamente, la tengo solo pochi secondi e poi si accascia, vinta, sul suo lato sinistro. FILMATOLa moto non ha subito alcun danno: le protezioni di metallo di serie (anteriori e posteriori) hanno svolto il loro lavoro. Anch'io sono "intatto" e sono rimasto in sella. La moto però, a causa del terreno morbido, è andata giù oltre i suoi canonici 45° e quindi mi rendo subito conto che non ce la faccio ad alzarla da solo (come faccio normalmente quando cade su strada piana): è infossata nel terreno e dovrei scavare sotto di essa per alzarla. Suono il clacson per richiamare Tomaz, ma è troppo avanti e non mi sente.

Allora scendo dalla moto e ne approfitto per fare qualche foto e filmato della situazione: quando mai mi capiterà un'altra occasione simile! Sul terreno si vede distintamente il solco lasciato dalle gomme prima della caduta.Dopo 10 minuti arriva un ciclista tedesco che sta attraversando l'interno dell'Islanda (c'è qualcuno più pazzo di me!): ci facciamo delle grandi risate e alcune foto; gli chiedo di aiutarmi a raddrizzare la moto (in queste circostanze, grazie al basso baricentro della Gold Wing, bastano due persone). Ma arriva Tomaz (preoccupato del mio ritardo) e quindi, con estrema facilità, la raddrizziamo in tre.       

E' passato appena un quarto d'ora e riparto. Siamo ad una quota di 600 m, mancano circa 10 km al valico. Considero questo momento (sono le 13.30 del quarto giorno, su una settimana, della mia permanenza in Islanda) come il "giro di boa" del mio viaggio. Qui, nel centro dell'Islanda, sento che sta cominciando l'avvicinamento verso casa.

Riprendo la marcia e poco dopo vedo che Tomaz (che mi precede) si è fermato. Avvicinandomi capisco il perchè: c'è un guado! Per la verità un vero e proprio guado non è: sono nei pressi della sorgente del fiume Svarta, a m 650, quasi al valico: probabilmente lo scioglimento dei ghiacci ha provocato questo straripamento del fiume che ha invaso la pista.

Comunque sia, per la Gold Wing è un problema. Sono ancora un po' scosso dalla precedente caduta (cadere qui, sarebbe più fastidioso, tra sassi, fango e acqua) e quindi affronto il guado troppo piano. Conseguenza, resto impantanato! Una piccola spinta di Tomaz risolve subito la situazione.

Siamo ormai arrivati al valico, quasi 700 m, e lo sguardo spazia libero per km: nessun segno di vita o vegetazione; il terreno piatto comincia, finalmente, a scendere dolcemente verso la costa settentrionale dell'isola. Le due montagne-ghiacciai del Langjokull e dell'Hofsjokull sempre ai nostri lati. La pista è ancora piuttosto impegnativa e la stanchezza (siamo sullo sterrato da 3 ore e mezzo) comincia a farsi sentire. Vorremmo fermarci per rifocillarci (sono le 14), ma la zona è talmente spoglia e polverosa da far passare la voglia.

Superiamo il lago Porisvatn e uno più piccolo "anonimo" a nord;la strada piega decisamente verso ovest, verso il campeggio (stagionale) di Hveravellir, unico punto di ristoro (forse) di tutto il percorso. Arrivati al bivio con la F735 (che in km 2,5 porta al campeggio a ovest), proseguiamo comunque diritti. E finalmente, dopo un quarto d'ora (6 km), il paesaggio diventa più verde e, presso un fresco corso d'acqua, possiamo rifocillarci e prendere fiato! Tra noi e le moto è una bella gara a chi è più ricoperto di polvere!Controllo la moto da sotto per vedere se ha riportato danni: sembra tutto a posto.Siamo circa a metà dello sterrato: km 82 in h 4.10, media km/h 20.

Ripartiamo dopo 25 minuti, rifocillati e riposati. E ricevo subito una bella sorpresa: la strada migliora decisamente. Fondo nettamente più compatto, spesso roccia. Posso finalmente dare gas e in pochi minuti semino il GS (che ovviamente continua a darmi del pazzo). E' fatta!

Arrivo così abbastanza velocemente al lago Bloendulon. Ogni tanto però dei cartelli mi ricordano che sono su uno sterrato, e uno dei più infidi, dove sarebbe meglio avventurarsi con dei 4 x 4.Comunque ormai il fondo è buono e stavolta sono io che posso permettermi di fermarmi per fare delle foto aspettando Tomaz.La strada segue il corso del fiume Blanda (superato con un ponte) e gradualmente nel paesaggio compare qualche segno della presenza umana: ormai siamo vicino alla Ring Road!

E infine arriviamo alla Ring Road: ce l'abbiamo fatta!Guardo Tomaz: ha dipinto nel volto la stessa soddisfazione che io mi sento nel cuore. Abbiamo attraversato l'interno dell'Islanda: km 160 di sterrato in h 6.12, media km/h 26 (la seconda parte, più veloce, km 78 in h 1.37, km/h 48).

Dirigiamo verso Akureyri, che dista ancora 118 km; ma è tutto asfalto!

Per arrivare ad Akureyri la strada attraversa una bella zona di montagne. L'asfalto è ottimo, migliore che a sud. Per arrivare alla capitale dal porto di sbarco questa strada (oltre che più breve) credo sia più veloce rispetto a quella meridionale. Al valico a quota 600 m a sud ovest di Akureyri c'è neve ai bordi della strada.Procediamo sempre in coppia.

E infine avvistiamo l'Eyjafjorduril, il lungo fiordo di Akureyri.

Proprio in città c'è un comodo campeggio. E, mai come stavolta, è proprio necessaria una doccia! La polvere dello sterrato credo sia arrivata ovunque, sulla moto e sul suo pilota! La cartina impolverata della strada del Kjolur lo testimonia.

Cenato davanti alla tenda, sul comodo prato del campeggio,facciamo un giro in città, la principale del nord dell'Islanda (16.651 ab. nel 2006). Interessante la chiesa, in cima a una collina (preceduta da 112 gradini), da cui si ha un bel panorama,e la via centrale.E' un importante porto di pesca.

Dopo una simile giornata, mi addormento appena mi stendo nella tenda.

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