| CORSICA1.000 km di curve
 
                      
                        |  | 15.4.2009 
                          - mercoledì - giorno 2Calambrone (7.16) - Livorno (Pisa) (7.34)
 Km 10, viaggio h 0.18, guida h 0.16
 Bastia (12.44) - Calvi (19.15)
 Km 207, viaggio h 6.31, guida h 5.30
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                        |  |  Qualche  difficoltà a trovare la strada per il porto (a causa dei lavori in corso), ma  giungo all’imbarco quasi in orario (e comunque l’ora di anticipo indicata dalla  compagnia è chiaramente esagerata per lo scarso afflusso di passeggeri della  stagione). Sul  traghetto, come mio solito, curo personalmente la legatura della moto: utilizzo  in questa occasione le nuove cinghie, comprate in previsione del viaggio in  Cina. --------------------------------------------------------
 Approfitto  delle 4 ore del traghetto per pranzare, per sfruttare al massimo le ore di  permanenza nell’isola per esplorarla in moto. A tavola, la locale bottiglia di  acqua minerale, mi ricorda subito il nazionalismo dei corsi, con quel richiamo alle “nosci muntagni”. Sbarcato a  Bastia in leggero ritardo, punto subito, come da  programma, verso nord, Capo Corso, il “Dito”. La giornata è  splendida, quasi estiva, soleggiata e calda; mi alleggerisco un po’, restando col  giubbotto di pelle (sfoderato), ma potrei usare anche il giubbotto traforato,  che però è rimasto in Italia. La strada  comincia a seguire la costa, attraversando piccoli paesini; è tortuosa, ma in  buono stato e l’assenza di traffico, dovuta alla stagione, rende piacevole la  guida.   Fastidiosi  però i rallentatori molto sopraelevati e decisamente pericolosi i paletti  piantati nel centro della carreggiata, a separare le due corsie. Arrivo a  Macinaggio, piccolo porto turistico, da dove ero passato circa vent’anni fa,  nel corso della mia prima esperienza d’altura in barca a vela. Il paese è  carino e molto tranquillo fuori stagione. Sono ormai a  poca distanza dall’estremità del Capo Corso, ma a questo punto la strada si allontana  dal mare, tagliando verso l’interno. Dopo pochi km però trovo la via (studiata  sulla carta a casa e segnalatami da un amico) che punta verso la costa, proprio  verso l’estremità settentrionale del Capo, di fronte all’isola della Giraglia. La strada è  molto stretta e con notevole pendenza; se non lo sapessi, mi sfuggirebbe, tanto  sembra secondaria. Dopo qualche km di ripida e tortuosa discesa,  mi appare la famosa isola della Giraglia, “boa” della omonima regata che, partita  dalla Liguria, termina in Costa Azzurra (o viceversa, ad anni alterni). Anche  qui, la mente corre ai miei trascorsi velici, a quando la vedevo apparire a  prua dell’imbarcazione, dopo ore di navigazione nel mar Ligure. La strada  arriva al mare, nel paese di Barcaggio  Continuo poi verso il vicino villaggio di Tollare,  che sembra abbandonato, con le case chiuse, probabilmente in attesa del solito  assalto turistico estivo.  Rientro  quindi verso la strada principale attraverso un’altra stradina secondaria e  comincio a percorrere il lato occidentale del Capo Corso. La costa si presenta  subito ancora più spettacolare del lato orientale: alta, rocciosa, con numerose  insenature. Dopo pochi km appare alla mia destra il paese di Centuri, sul mare,  sotto la costa a strapiombo; non è sul mio itinerario, ma non esito un  attimo e, mentre il gps mi intima di “eseguire l’inversione di marcia”  (provateci voi, su una stradina in ripida discesa J), mi dirigo verso la  marina. Ottima  decisione: in pochi minuti giungo al livello del mare e, infilandomi nelle  strette stradine del paese, arrivo al porticciolo; semplicemente incantevole,  con alcuni bar sulla riva e  la grande  tranquillità del “fuori stagione” (immagino cosa sia qui d’estate); seduto a un  bar al sole, mi gusto un magnifico gelato, guardando il mare (e la mia moto).  In moto mi  piace fare km e fermarmi poco; ma, ogni tanto, anche questi sono tra i piaceri  dell’andare in moto, tanto più che, in auto, non avrei certo nemmeno la  possibilità di fermarmi in questi posti. Ristorato,  rientro (da un’altra strada) sulla via principale e continuo verso sud. La  giornata è ancora quasi estiva, con un caldo sole; minuscoli paesini si  susseguono lungo la strada, oppure giù, sul mare, sotto lo strapiombo. La  strada è stretta, ma poco trafficata e in buone condizioni; decisamente  spettacolare, a patto di non soffrire di vertigini. Infatti i parapetti sono  quasi inesistenti e nulla mi separa dal mare, posto spesso centinaia di metri  più in basso, ma a pochissima distanza alla mia destra.  Ogni tanto si  aprono incantevoli insenature e spiaggette. Presso Nonza ci sono alcune belle spiagge  nere, provocate però dai residui di lavorazione di un vicino stabilimento  industriale, ormai abbandonato.    Parcheggio nella piazzetta  del paese.   Il “Dito”  termina a Saint Florent, da dove la strada si interna un po’, lasciando  alla destra il Deserto degli Agriati. E’ una zona di belle spiagge (ricordi  velici), ma raggiungibili via terra solo attraverso strade sterrate; ho  ricevuto notizie contrastanti sul grado di difficoltà di queste strade; non ho  comunque molta voglia di lasciare l’asfalto, anche perchè ho poco tempo a  disposizione. Continuo quindi lungo la strada principale, ammirando però il  territorio selvaggio (e disabitato) che attraverso.  Giungo quindi  a L’Ile Rousse, che prende il nome dal colore rossastro dell’isoletta che  chiude il porto,  e quindi, con la strada ormai scorrevole, alla meta finale  della tappa, Calvi. E’ tardi,  quindi mi dirigo subito verso il campeggio per montare la tenda, nella bella  pineta sul mare nei pressi di Calvi. Assicurato il posto per la notte e dopo  essermi cucinato il mio primo pasto “corso”, compio un giro serale per la  cittadina. Ma le nubi  incombono, presagio di un imminente cambiamento del tempo. |