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Sei in: MOTO - ITALIA GIAPPONE E RITORNO - DIARIO DI VIAGGIO - GIORNO 22

ITALIA - GIAPPONE E RITORNO
3.6/31.7.2011 - km 33.876

Andata
10 11 12 13 14 15 16 17 18  
Corea
19 21 22 23 24 25 26 27 28  
Giappone
29 30 31 32 33 34 35 36 37 38

(Altaj: 49/51)

 
Ritorno
39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59
Conclusioni
Ringraziamenti
Motoguida

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24.6.2011 - venerdì - giorno 22
Naksan (9.29) [+7]
Korea Folk Village (19.30) [+7]
km 277
viaggio h 10.01, guida h 6.03

Gps Garmin
GPX
Google Earth

Fotoalbum del giorno

Piove. Mi sveglio e guardo dalla finestra: piove! Pioveva ieri sera, ha piovuto stanotte, piove stamattina.
Certo, non potevo aspettarmi una settimana di sole, visto che siamo ancora nella stagione dei monsoni, anche se alla fine. D’altra parte, nella programmazione del viaggio ho preferito privilegiare il bel tempo in Russia, dove devo percorrere molti più km e dove, se piove, le strade sono molto peggio. Inconvenienti che capito quando di attraversa un intero continente; non posso pretendere, nemmeno programmando con attenzione, che le condizioni meteo siano buone ovunque e sempre.
Indugio un po’ a letto, sistemo qualche carta, faccio la copia delle foto, scendo a far colazione.
Guardo dalla porta del ristorante: piove!
Me la prendo comoda, sperando che, aspettando un po’, il tempo migliori. Non ho molti chilometri da fare qui in Corea: meno di 2.000 in una settimana vuol dire meno di 300 al giorno, praticamente nulla rispetto ai quasi 1.000 giornalieri (e su strade peggiori) che ho fatto in Russia. Certo, qui in Corea (e poi in Giappone) avrò molte più cose da vedere, ma comunque, avere meno chilometri da fare, permette una certa elasticità negli orari.
Torno su in camera, riposo un po’, ma proprio non ce la faccio a stare fermo: parto lo stesso.
Carico i bagagli sulla moto, mi copro per bene con l’antipioggia e faccio manovra per far uscire la moto dal cortile coperto dell’albergo dove ha passato la notte.
Innesto la retromarcia e la moto si muove lentamente, come al solito, ma ad un certo punto sento una resistenza anomala. La moto si sbilancia, l’appoggio scivola sul terreno bagnato, la grata su cui mi trovo in questo momento cede leggermente sotto il peso della moto e sento che la moto sta andando giù. Il tentativo di tenerla dura poco: so per esperienza che in questi casi vince lei, quindi meglio cedere subito per evitare danni peggiori: a me, ovviamente, perché lei, distendendosi tranquillamente sul terreno, appoggiata ai suoi appositi sostegni metallici, non si fa nulla.
Scendo dalla moto e osservo la scena, leggermente comica: caduto alla partenza! Dopo essermi fatto due risate (e qualche foto), analizzo le cause della caduta; infatti non c’è assolutamente fretta, fuori piove, ho pochi km da fare.


La ruota posteriore della moto ha urtato un piccolo gradino in cemento, che non avevo notato (o meglio, avevo sottovalutato); il gradino è stato urtato in modo diagonale, il modo peggiore per mantenere l’equilibrio; a ciò si è aggiunto il fatto che, in quel momento, la moto era sopra una grata che ha leggermente ceduto, aumentando lo sbilanciamento; il terreno bagnato dalla pioggia mi ha fatto leggermente perdere l’appoggio; infine, il fatto che la moto fosse con la retromarcia innestata, ha aggravato la situazione, poiché la moto, non essendo in folle, non ha avuto l’elasticità di rimbalzare sull’ostacolo, ma si è “impuntata”.
Provo a sollevare la moto, ma mi rendo conto che pochi cm di sbilanciamento in più dovuti anche alla presenza del gradino (piccolo ma in questo momento proprio sotto la ruota posteriore) non me lo permettono (a meno di sforzi che non ho intenzione di fare). Chiamo quindi la signora dell’albergo, ma, essendo una tipica coreana (150 cm di magrezza), non le chiedo nemmeno di aiutarmi: arriva quindi il figlio e, in 2, raddrizziamo la moto senza problemi. Ringrazio e saluto; loro non smettono di sorridere e inchinarsi. Proprio gentili.
Bene, ho cominciato la mia prima giornata interamente in Corea proprio “alla grande!”
Esco con la moto dal parcheggio coperto, e sento la pioggia battere sulla moto e su di me. Andiamo, non può che migliorare!
La prima sosta è qui vicino: pochi km e arrivo al tempio buddista di Naksan, in splendida posizione sul mare.
La vista del tempietto, sulla costa a picco, incorniciato da due alberi, mi sembra l’icona stessa dell’estremo oriente: sì, sono in Corea, sono proprio qui.


Parcheggio la moto nel piazzale e visito i vari edifici. Piove, ma non in modo violento.
Nella zona ci sono diversi edifici di culto (che visito), ma quello più interessante per la sua magnifica posizione sulla costa, è proprio il tempietto che ho visto dal parcheggio appena arrivato con la moto.
                                                                      

Torno alla moto e cerco la strada per l’interno: la segnaletica mi è di poco aiuto.


Mi dirigo verso il vicino parco nazionale Sorak-san. La Corea del Sud è piccola (meno di 100.000 km2) e non ha grandi catene montuose, ma una serie di piccoli massicci e gruppi montuosi. Non si deve però ritenere che non sia interessante da visitare dal punto di vista paesaggistico e questo primo (perché ne visiterò altri) parco nazionale me lo conferma. Il Sorak-san è molto bello, anche se non lo posso apprezzare al meglio per la pioggia che cade quasi incessante.
Molto verde, con fiumi che scorrono impetuosi nella sue valli, strade ben tenute e piacevoli da guidare (ottimo fondo nonostante la pioggia).


E’ breve la traversata del parco (25 km da est a ovest), ma interessante; arrivato al valico (900 metri), noto dei sentieri, ottimamente tenuti, che partono dal centro visitatori verso nord, verso le cime del massiccio montuoso (altitudine massima 1.713metri); la giornata di pioggia mi toglie ogni velleità escursionistica. Comincio la discesa.
La pioggia aumenta e quindi mi fermo ad un punto di ristoro per una breve pausa; per approfitto per uno spuntino, scoprendo una costante della Corea: spiedini pronti, sigillati, già cotti e solo da scaldare (alla cassa, in apposito fornetto); ottimo, leggero, sazia abbastanza, appena 1 euro. Qualcosa di caldo ci voleva, anche perché la temperatura è di 10°. Riprendo la discesa.
A valle, prendo la strada per Seul, la capitale, attento ad evitare le autostrade (che non posso percorrere).
Continua a piovere, il che mi invoglia ad un'altra sosta culinaria: stavolta addento una bella pannocchia abbrustolita, veramente buona (faccio il bis):


Mentre la sto mangiando, noto che la simpaticissima signora che me le vende, preoccupata della moto, copre la sella con dei cartoni. Ringrazio, spiegandole che non si deve preoccupare: la moto non ha problemi con l’acqua, né io (vestito così) a sedermi sulla sella bagnata.


Avvicinandomi a Seul (oltre 10 milioni di abitanti), il traffico aumenta. Ma non ho problemi a tagliare la metropoli puntando dritto al centro (aiutato dal gps, che si dimostra molto preciso).
Comunque non mi piacciono le grandi città, con la loro confusione, quindi ho programmato una visita veloce, “al volo” e limitata solo a 2/3 cose.
Una delle porte dell’antica Seul, Tamdaemun:


Ma ancora più interessante, per me, è vedere la gran quantità di moto (quasi tutte made in Korea) stracariche che girano; sono i locali pony express, attrezzati con enormi portapacchi, che girano per Seul; proprio qui accanto c’è quello che sembra un loro punto di smistamento (caricano e scaricano pacchi in continuazione).
                                                                                      

In breve arrivo al palazzo reale Kyongbokkung, ma non trovo alcun parcheggio e il traffico intenso mi costringe ad un giro dell’isolato prima di riuscire a trovare un buco adatto per fermarmi. O meglio, prima di riuscire a trovare un buco, in divieto di sosta, che mi consentirebbe di fermarmi; ma i poliziotti coreani sono inflessibili e devo spostarmi alla svelta. Io, dopo 5 minuti alla ricerca di un parcheggio, mi innervosisco. Sarà anche un bellissimo palazzo, ma tra pioggia e traffico ne ho già abbastanza: lo taglio dal programma e mi limito ad ammirarlo da fuori.


E’ interessante, a Seul, il contrasto tra antico e moderno; antichi palazzi e moderni grattacieli di vetro e cemento, a pochi metri. Non c’è una “zona di rispetto” a separarli.
Presso il palazzo reale:


Arrivo quindi alla porta Namdaemun, la più importante e bella di Seul, purtroppo distrutta pochi anni fa da un incendio. E’ in ricostruzione sotto un enorme capannone: una grande foto ne ricorda l’aspetto originario che (si spera) riavrà alla fine dei lavori:


Finito il giro turistico di Seul (non inorridite per la brevità del tempo dedicato a questa grande città, ma preferisco i posti più tranquilli e poi questo è un viaggio in moto, non una normale visita turistica), attraverso il fiume Han (qui presso la sua foce, ampia ma impercorribile perché posta nella zona di confine con la “nemica” Corea del Nord) e punto a sud.
O meglio, ci provo, perché mi ritrovo sempre verso un ingresso dell’autostrada, mancando indicazioni alternative (o se ci sono, sono in ideogrammi coreani, quindi…); spazientito, provo di nuovo a entrare in autostrada, ma i casellanti sono irremovibili. Protesto, facendo presente che, oltre a non esserci chiari cartelli di divieto, non ci sono indicazioni chiare sulla viabilità alternativa e io quindi come faccio ad andare a sud? Il gentile casellante mi fa un disegnino e così scopro la strada che dovrebbe portarmi alla meta finale della giornata, il Korea Folk Village.
Trovata quindi la viabilità alternativa, raggiungo il punto dove dovrebbe esserci il villaggio, ma non vedo nulla: eppure è qui, il gps lo indica con precisione; è pure pieno di ristoranti e locali, segno inequivocabile che qui accanto c’è una grande attrazione turistica, ma non lo vedo; chiedo in giro e stranamente nessuno sa darmi risposte precise, né i passanti e addirittura nemmeno chi lavora qui! Non mi arrendo, voglio trovarlo stasera, in modo da non perdere tempo domattina (ora è tardi per visitarlo). Alla fine lo scopro: il parcheggio è talmente ampio che non vedevo l’ingresso!
Trovo un albergo nelle vicinanze e metto la moto al coperto (piove ancora). Cena in un locale qui vicino (senza infamia e senza lode).

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